Less is more. Sull'arte di non avere niente by Salvatore La Porta

Less is more. Sull'arte di non avere niente by Salvatore La Porta

autore:Salvatore La Porta [Porta, Salvatore La]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Business & Economics, Consumer Behavior, Self-Help, Personal Growth, General
ISBN: 9788842824244
Google: 0KFTtAEACAAJ
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2018-07-01T00:00:00+00:00


La trappola del guscio

È davvero così: siamo costretti a perdere noi stessi. Se ci lasciamo portare dalla corrente del possesso, così lieve all’inizio e poi insormontabile, se perdiamo la nostra capacità di praticare l’arte di vivere senza avere niente, allora non avremo alcuna possibilità di ritrovarci. A volte, quando siamo pronti a rischiare i nostri averi, o quando siamo molto fortunati, la struttura del nostro carapace è particolarmente aderente alla nostra identità. Ma l’identità cambia, mentre i beni che accumuliamo sono statici, e noi siamo una strana razza di crostacei, meno furbi di un paguro che, quando incontra una conchiglia più comoda, vi si trasferisce senza grossi traumi. Per noi, prima o poi arriva sempre quella notte di sogni inquieti, l’orrore per il nostro guscio.

Eppure, prima quel guscio l’abbiamo amato parecchio; soprattutto nella sua manifestazione più visibile, il desiderio di una casa. Se fossimo hobbit, le nostre dimore sarebbero gigantesche botti di legno dagli usci circolari dove accumulare beni di ogni tipo, cantine di vini pregiati, insaccati stagionati e formaggi dalla crosta ammuffita; avremmo un grande salone minutamente riempito di scrivanie e credenze, tappeti variopinti, quadri e teste di cervo alle pareti, servizi di piatti così antichi da raccontarci per intero la storia della Terra di Mezzo, libri a sufficienza da farci immaginare un mondo, al di fuori della Contea, che non ci interessa minimamente sperimentare di persona.

Se fossimo hobbit, e nessun mago dagli occhi lucenti venisse a offrirci dell’erba pipa, la nostra vita sarebbe del tutto soddisfacente. Non sentiremmo mai il bisogno di viaggiare, e la Contea sarebbe tutto quello che il nostro cuore desidera conoscere.

Ma, essendo umani, le cose si complicano un bel po’. Perché la casa dell’hobbit è un magnifico archetipo, che Tolkien ha tolto di peso dall’animo umano, ma fuori della Contea, nel nostro mondo, la mole di oggetti che un hobbit accumula tra le mura curve è anche una catena insopportabile.

Anche il mercato si è accorto da tempo che l’uomo adulto ha una naturale propensione verso i gusci, le botti di legno o le case minuziosamente curate: non è magnifica quella sensazione che si prova entrando nelle finte stanze arredate che si aprono sui corridoi dei centri commerciali? Danno uno strano senso di intimità esposta, con il finto camino, le luci morbide e quella straordinaria capacità di infilare tutto il necessario in un ambiente minuscolo. Sono qualcosa a metà tra un gioco di prestigio e l’antico archetipo della tana. È quasi impossibile non entrare, aprire i cassetti della cucina e trovarci forchette e coltelli come sarebbe in una casa vera, sedersi sul divano e sfogliare il libro sul tavolino di fronte: sono sempre case e stanze piene di libri. Purtroppo spesso sono scritti in svedese.

Rileggere Il paradiso delle signore, il romanzo di Zola sulla nascita dei centri commerciali, è stupefacente. È forse uno dei testi più profetici mai scritti, e condivide con un altro capolavoro del francese, Il ventre di Parigi, una tecnica descrittiva perfetta, capace di accumulare nella mente del lettore quintali di stoffe



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